Di Gianpiero Iacovelli

Volontario SCU in Portogallo, Sede di Uva

Come ogni settimana, facciamo il pieno di acqua e di grano da caricare sulla camionetta. Una volta pronti, ci addentriamo nelle campagne trasmontane alla volta di antiche colombaie che abbisognano di un nuovo rifornimento di nutrienti per i piccioni e i colombi che le abitano. Le colombaie sono spesso arroccate alla fine di sentieri impervi e ripidi. Di frequente non è possibile raggiungere le strutture con il mezzo, per cui siamo costretti a percorrere erti salite, trasportando in spalla pesanti sacchi di grano e bidoni di acqua. Quindi apriamo la piccola finestrella che permette l’accesso all’interno della colombaia, ma non prima di aver opportunamente bussato per avvisare gli inquilini del nostro arrivo. I piccioni si riversano all’istante fuori dalla costruzione, volando sopra le nostre teste. Nelle giornate migliori, all’interno della struttura scende un fascio di luce a illuminarne fiocamente l’ambiente. L’odore acido e penetrante degli escrementi dei volatili si fa sempre più intenso con l’avanzare dell’anno. A breve sarà momento di rimuoverlo.

Mi chiedo se l’esperienza di manutenzione delle colombaie sia sempre stata simile nel corso dei secoli in cui queste costruzioni sono state protagoniste del paesaggio del Nordest portoghese. Non è dato sapere con certezza quando queste piccole casupole iniziarono a puntellare il territorio di Trás-os-Montes. La loro tecnica di edificazione lascia pensare che appartengano alla cultura dei castros, diffusa nel nord-ovest della penisola iberica dalla fine dell’età del bronzo (IX sec. a.C.) al primo secolo d.C. Ad oggi, esistono circa duemila colombaie tradizionali solo nei distretti di Braganza e di Guarda.

 

Le colombaie sono da sempre state espressione del Genius loci trasmontano. Costruite con i materiali reperibili nelle vicinanze, hanno una forma circolare, semicircolare o, più raramente, quadrata. Il diametro delle colombaie più grandi si aggira intorno ai tre o quattro metri, per altrettanti metri di altezza. Le pareti sono ricoperte da uno strato di calce e sabbia che dona loro il caratteristico colore bianco opaco e brillante. Le pareti sono in questo modo facilmente riconoscibili dagli uccelli e abbastanza lisce da persuadere gatti, topi e altri animali ad arrampicarvisi. Per proteggere anche i fori di entrata per i piccioni da potenziali aggressori, un cornicione di pietre d’ardesia circonda il perimetro poco al di sotto dell’apice della colombaia. Al di sopra delle tegole del tetto, svettano sul bordo cilindrico della costruzione dei pinnacoli in pietra, usati come elemento decorativo. Le pareti interne delle piccionaie formano delle nicchie fatte per ospitare i nidi degli uccelli, favorendone così la riproduzione. Le colombaie sono generalmente collocate a vicino ai campi coltivati, a ridosso di pendii ed esposte a sud per godere del riscaldamento della luce solare durante tutta la giornata.

La colombaia svolgeva un ruolo molto importante all’interno della tenuta agricola. In tempi in cui il consumo di carne era ancora un privilegio destinato a pochi, la colombaia era un mezzo per avere una fonte continua di proteine. Il con-sumo di colombi era infatti pratica culinaria molto comune fino a tempi recenti. In più, il letame che i piccioni sedimentavano all’interno della colombaia fungeva da preziosissimo fertilizzante per il suolo. Ovviamente, non tutti i contadini potevano permettersi una colombaia, le cui spese di costruzione e di manutenzione erano ingenti. Per questo, il pombal rappresentava un importante marcatore di status sociale, sinonimo di ricchezza e benestare; proprietà quasi esclusiva di no-bili o ecclesiastici.

La cultura della colombaia si è tenuta viva fino agli anni Sessanta dello scorso secolo, quando una forte ondata di emigrazione dovuta alla crescente industrializzazione dell’Europa mutò radicalmente l’assetto demografico dei territori rurali. La popolazione diminuì drasticamente; a emigrare erano soprattutto i giovani in età da lavoro, fattore che decretò il progressivo abbandono della cultura dei suoli. Allo stesso tempo, la nascita della società dei consumi ha fatto in modo che il reperimento di beni alimentari come la carne non rappresentasse più un problema. L’accesso ad un’alimentazione più variegata, unito all’introduzione dei fertilizzanti chimici per la coltura delle terre, resero superfluo il ruolo delle colombaie, che vennero progressivamente abbandonate.

Come molte altre abitazioni nel nordest trasmontano, anche le colombaie divennero presto dei ruderi. Non più rifornite di acqua e mangime, i colombi le abbandonarono, il loro bianco abbagliante lasciò il posto alla pietra nuda e scura, i tetti iniziarono a crollare. Versavano in questo stato quando, all’inizio degli anni 2000, la neonata associazione Palombar – inizialmente un consorzio di proprie-tari di piccionaie – cominciò l’opera di restauro e di patrimonializzazione di questo pezzo di storia della regione. In vent’anni di vita, l’associazione ha fatto tornare in attività centinaia di colombaie; non solo restaurandole, ma anche ripopolandole e rifocillandole proprio come i loro vecchi proprietari fecero per secoli.

Le ragioni dietro al restauro e alla riattivazione delle vecchie colombaie non si esauriscono con il loro ruolo di testimonianza storica e di patrimonio culturale. Le case dei piccioni, infatti, svolgono un ruolo cruciale anche nell’ecosistema della regione. Promuovendo la permanenza e la riproduzione delle popolazioni di piccioni e di colombi, le colombaie forniscono predatori in abbondanza per le specie di uccelli rapaci della zona. Questi ultimi sono predatori che spesso godono di uno statuto di conservazione svantaggiato in Portogallo. Grazie all’aiuto delle colombaie e della Palombar, dunque, si promuove indirettamente la sopravvivenza delle specie più a rischio di estinzione.

Così, ogni settimana ci dirigiamo verso le nostre colombaie. Occupandoci ogni giorno di un gruppo di pombais diversi, serpeggiando fra le colline sinuose del Planalto Mirandese. Testimonianza storica e regolatore eco-sistemico a un tempo, la colombaia è tra gli esiti più riusciti della convivenza fra uomo e natura. Prendendoci cura di queste architetture, non solo diamo un aiuto alla fauna selvatica locale, ma riattiviamo il passato storico della regione, tenendo in vita usanze ormai desuete: non più in voga per i loro scopi tradizionali, ma che riescono a prendere nuova vita attraverso una rinnovata consapevolezza ecologica.