Di Maria Teresa Fiore

Volontaria SCU in Portogallo, Sede di Atenor

È il 15 settembre di una normale giornata di servizio nel Centro di Valorizzazione dell’asino di Miranda, manca poco tempo alla fine delle attività: iniziamo ad alimentare gli asini, a spostarli da un paddock all’altro per la notte, oggi non vogliono collaborare, è difficile allontanarli dal fieno ma noi siamo più testardi di loro e alla fine ci riusciamo, in compenso al loro ritorno a “casa” sono felici perché trovano le mangiatoie piene.

Manù, un amico di Joana, la referente del nostro gruppo di operatori volontari, che in passato ha collaborato con l’associazione AEPGA, è venuto a trovarla per qualche giorno.

Scende giù alla regada, il centro dove vengono accolti gli asini e ci fermiamo a parlare sulle panchine dell’area pic-nic. Il sole sta per tramontare, l’area è calda è c’è una bellissima luce. A Manù viene l’idea di andare a vedere il tramonto in un posto che non conosce nessuno, ma che vale veramente la pena.

Allora andiamo! Non perdiamo tempo perché già è poco e il sole sta andando via.

Ci mettiamo tutti in macchina e partiamo, passiamo per il paese di Uva, dove abitano gli altri volontari italiani, che si uniscono a noi.

Arriviamo ad Algoso, già ci siamo stati in questo paesino, ha un bellissimo castello in cima ad una montagna, ma non è lì che andremo a vedere il nostro tramonto. Ci immettiamo in una strada non più asfaltata, tra ciottoli e fossi fin quando le nostre umili macchine arrivano. Parcheggiamo e iniziamo a camminare a piedi, per questo sentiero poco chiaro tra erba alta e rovi, qualcuno di tanto in tanto resta incastrato tra le spine.

Finalmente arriviamo, ci sediamo sull’erba, non è tanto comodo ma non ci facciamo più di tanto caso perché davanti a noi c’è il sole che cade nel punto di incrocio di tre montagne, il castello in lontananza e colori sfumati che vanno dal rosso, arancio, giallo e finiscono con l’azzurro. Dopo un momento in cui tutti parlavano e scherzavano, cala il silenzio, il mondo si ferma.

È solo la natura a parlare, entra in scena lei, la protagonista, gli uccellini che cantano, un timido e delicato vento che accarezza le guance, le palpebre degli occhi che non si chiudono nemmeno un istante perché non vuoi perdere nemmeno un secondo di quella meraviglia, le mani che sfiorano le ginestre, improvvisamente mi sento parte della natura, il mio respiro segue il suo ritmo.

 

Brevi istanti, poi il sole si nasconde dietro le montagne, abbiamo poco tempo per tornare alla macchina se vogliamo sfruttare quel poco di luce che rimane.

Così ci incamminiamo, l’aria inizia a rinfrescarsi, è quel periodo dell’anno in cui ti devi vestire a sfoglia di cipolla, quando l’inizio e la fine della giornata sembrano essere inverno, mentre durante la giornata è primavera.

Arriviamo alle auto e come sempre quando trascorri una bella giornata non vorresti vedere la fine e allora c’è timidezza nel salutare, nessuno fa il primo passo perché nessuno vuole interrompere quel momento così magico e allora si resta lì a chiacchierare, ridere senza vedere bene i volti perché illuminati solo dalla luna che oggi non è piena, ma tanto non importa vedersi, ascoltiamo le voci e ci riconosciamo, riconoscere noi italiani poi è ancora più facile con il nostro portoghese maccheronico.

Dopo tante risate e brividi di freddo, Joana ci riporta all’ordine informandoci su quale avventura avremmo affrontato il giorno dopo.

È tardi forse è meglio tornare a casa, arrivano i saluti, la giornata finisce, con gli occhi e il cuore gonfi di emozione.