COMUNITÀ – Lgbt: una comunità a parte?

La sigla LGBT è ormai entrata nel dibattito mediatico (meno nel lessico della società civile) e oggi viene spesso usata con una certa approssimazione, quando non in modo sbagliato, da chi talvolta non ne conosce esattamente il significato. È una storia piuttosto recente fatta di grandi discussioni e di graduali modifiche, e che non è ancora finita: e racconta un pezzo di cosa è stato il movimento internazionale per i diritti civili degli ultimi trent’anni.

Nel corso del tempo alla sigla originale LGBT si sono aggiunte altre lettere, a indicare altri orientamenti sessuali e altre identità di genere, così come alla bandiera arcobaleno sono stati aggiunti altri colori: questo è stato reso possibile dal progresso degli studi di genere – che hanno a che fare, semplificando, con lo studio di come nel tempo, nella storia e nella cultura siano state costruite le identità femminili e maschili – e con la diffusione di maggiori sensibilità su questi temi.

C’è un grande dibattito su quale sia oggi la miglior sigla da utilizzare, e anche se la sua versione più attestata rimane quella iniziale di quattro lettere, è frequente imbattersi in diverse variazioni. Spesso, per evitare di escludere alcuni orientamenti o identità di genere dalla sigla, si usa LGBTQ+, o talvolta LGBTQI+.

Ma perché parlare di comunità LGBT in questa rubrica? La risposta ci arriva dalla Spagna, precisamente dalla capitale Madrid. 

Nel distretto di Valleverde, zona sud della capitale spagnola, vi è uno stabile abbandonato che ospiterà il primo centro per anziani della comunità LGBT in difficoltà economica.  L’iniziativa della casa di riposo LGBT friendly nasce dalla Fondazione 26 dicembre, che prende il nome dalla data in cui, nel 1978, venne finalmente derogata la franchista «Legge sulla pericolosità e riabilitazione sociale» che stigmatizzava l’omosessualità mettendola sullo stesso piano del vandalismo, della mendicità, del consumo di droga, della prostituzione e della pornografia.

 La Fondazione 26 dicembre, con l’appoggio di istituzioni e finanziatori privati, ha dato il via alla ristrutturazione dell’edificio che si è aggiudicata in concessione. Nella città di Madrid, che già include il quartiere Chueca – luogo simbolo della comunità arcobaleno – si conferma ancora una volta il clima di tolleranza e apertura nei confronti delle persone LGBTQI+.

“C’è ancora l’idea che che gli uomini gay siano ricchi – ha dichiarato a El Pais il presidente della Fondazione 26 dicembre Federico Armenteros – ma se guardiamo alla maggioranza troviamo la miseria e l’esclusione di chi vive con 380 euro al mese di pensione non contributiva”. Per questa ragione gli attivisti della Fondazione presieduta da Armenteros hanno pensato di impegnarsi per rendere agibili 3mila metri quadri di un edificio di cinque piani per dar vita al loro sogno.

La Fondazione starebbe negoziando un prestito di quasi 2 milioni di euro, che insieme all’aiuto di alcuni imprenditori e delle istituzioni, permetterà di realizzare anche una mensa, una sala da ballo e una biblioteca. Ci sarà pure un bar “che sarà uno spazio aperto al pubblico, anche per gli eterosessuali”, assicura Armenteros. 

«Grazie alla Comunità di Madrid, gli anziani LGBTQI che hanno lottato tanto per i nostri diritti, e che tanto hanno sofferto durante tutta la loro vita, avranno un luogo dove vivere e morire con dignità senza dover tornare a chiudersi nell’armadio. Soprattutto, accompagnati», scrivono dalla Fondazione.

La casa di riposo dovrebbe poter ospitare 66 grandi invalidi su 4 piani con personale specializzato, e offrirà anche cure palliative alle persone che ne avranno bisogno. Inoltre sarà anche un centro diurno, sempre per anziani. Si chiamerà «Josete Masa», un omosessuale rinchiuso in manicomio dalla famiglia. «La maggior parte di noi allora veniva mandato in carcere, i ricchi invece li mandavano in manicomio», spiega il presidente Armenteros. Dopo 17 anni isolato dal mondo, Masa morì di cancro, abbandonato da quelli che sarebbero dovuti essere i suoi cari. «Rappresenta la storia del nostro collettivo, e volevamo ringraziarlo battezzando con il suo nome questa casa di riposo per dare importanza a quelli che non si sono mai sentiti importanti», prosegue Armenteros.

Tuttavia, c’è da considerare il problema economico. In Spagna, come in Italia del resto, ci sono moltissime persone con pensioni bassissime che non possono permettersi di vivere in un centro per anziani a meno di non ricevere qualche tipo di sovvenzione (per esempio nel caso degli invalidi, per i quali una legge ancora del governo Zapatero, sistematicamente soggetta a tagli finanziari, prevede aiuti crescenti con il livello di invalidità). La gestione di questo centro sarà in mano alla stessa fondazione che promette di cercare fondi e convenzioni con le istituzioni per aiutare le persone in stato di necessità.

E’ un po’ deludente dal punto di vista umano dover parlare ancora oggi di comunità LGBT, come se fosse una comunità a parte, ben recisa dalla comunità “che conta”. E’ purtroppo anche vero che, ancora oggi, non corrispondere al modello prevalente – o comunque più accettato – nella società comporta discriminazioni e pregiudizi. “Tutti fra sé confederati […] gli uomini” metteva in rime Giacomo Leopardi in quello che da molti studiosi è considerato il suo più grande testamento filosofico, La Ginestra. Una speranza, quella di Leopardi, che è anche la nostra. Pertanto, d’accordo con la filosofia leopardiana ci auguriamo che presto la comunità umana sia realmente coesa tra sé e inclusiva di ogni parte.

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